Dal Quotidiano del 25 ottobre 2008
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Il vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea
approva il progetto di Vito Teti sui riti pasquali
Luigi Renzo sposa
“A Simana Santa”
di FRANCESCO RIDOLFI
«I RITI
della settimana santa, caratterizzati da funzioni religiose, processioni e riti
particolari,
sono dappertutto in Calabria carichi di suggestione e di intensa religiosità, in grado di coinvolgere e di tenere congregate intere popolazioni». Con queste parole il vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, Luigi Renzo, esordisce nell’aderire all’iniziativa presa a suo tempo dell’ex assessore provinciale di Vibo Valentia alla cultura, Vito Teti, in relazione ad una valorizzazione anche culturale-antropologica e non solo religiosa dei riti della settimana santa. «Nei giorni di Pasqua -scrive il vescovo- la liturgia fa ricordare i momenti cruciali della vita di Cristo coinvolgendo in maniera toccante ogni fedele, la gente umile e semplice, provata dalla sofferenza, trova nel Cristo e nelle figure legate alla Passione la dimensione vera della sua esperienza dolorosa».
Il presule evidenzia come «in tale identificazione non c’è semplice autocommiserazione quanto piuttosto una vera riscoperta della propria dignità riflessa in Cristo che soffre con noi e come noi. Il gesto devoto nel suo profondo è espressione di una dignità umana e di una stima per l’uomo derivante dall’esperienza del rispetto che Dio stesso usa nei confronti dell’uomo».
Renzo spiega come «il senso di umana solidarietà è più genuino in chi ha fatto e fa esperienza di dolore, per cui c'è più partecipazione profonda alle sofferenze di Cristo e di Maria, al di là e al di sopra di forme di alienazione o di sublimazione». Quindi «chi soffre in Cristo interpreta se stesso nel senso di quella umana comprensione che fa cogliere e valutare esattamente il peso dei sentimenti». In questo contesto per il presule di Mileto «le celebrazioni pasquali sono le più sentite e costituiscono in Calabria una vera festa collettiva e di popolo». Trasformando la Pasqua nella festa delle feste, «per cui le celebrazioni riescono ad assorbire ed applicare gli animi per l’intera settimana con preghiere e riti che vanno sempre più crescendo di intensità man mano che ci si avvicina al “triduo pasquale”». Scendendo nello specifico dei giorni prossimi alla Pasqua, il vescovo non può non citare come «in particolare nel Vibonese, si celebra l’Affruntata, una rappresentazione sacra che propone l’incontro drammatico dell’apostolo Giovanni, di Maria e del Risorto in una elettrizzata scenografia di popolo compunto, stupito e devoto », per dei riti in cui «l’intero popolo si riconosce e si identifica». Tornando al progetto “A Bimana Santa”promosso dall’allora assessore Teti in collaborazione con il Fer Euroethno, il vescovo Renzo lo definisce «una felice intuizione pur con i rischi di una spettacolarizzazione». Una idea che «appare interessante e certamente una sfida da cogliere e non sottovalutare pregiudizialmente». Questo perché «i riti, se possono avere una risonanza diversificata di evento aggregativo, turistico o folklorico, possono altresì offrire e mantenere vivo il valore di “memoriale”, di attualizzazione dell’evento storico della Passione e Risurrezione di Cristo con vantaggio spirituale di tutti i protagonisti, attori e spettatori». Naturalmente «l’esito dipende dallo spirito e dal cuore con cui i momenti evocativi sono vissuti. Dovrà essere cura degli attori immedesimarsi nelle parti e riuscire a coinvolgere esistenzialmente i curiosi e gli astanti esterni». Ed è proprio qui che si svolge la sfida «che dovrà superare il pericolo della commistione dell’evento religioso con le esigenze dello spettacolare. Il sentimento popolare, colta la centralità del particolare momento liturgico o para-liturgico, lo vive con intensità coinvolgente. E se arriva a manifestare forme devozionali al limite dell’ortodossia, lo fa lasciandosi trasportare dal cuore più che dalla ragionevolezza di una “pietas” interiorizzata ed evangelizzata. E’ qui che si può e si deve intervenire per non alienare il senso religioso delle celebrazioni». Pur con queste puntualizzazioni il presule plaude «al progetto che può portare a risvolti positivi. E - conclude - se le ragioni dell’antropologia culturale si coniugano con quelle dell’antropologia teologica anche la spettacolarità degli eventi non pregiudicherà più di tanto la profondità spirituale dell'incontro col Risorto».