Dal Quotidiano del 6 gennaio 2008
Cara Befana, rovescia il rovesciamento.
di Vito Teti
Cara befana, sei arrivata stanotte da tanto lontano e hai portato doni sobri e parchi ai miei bambini. Te ne sono grato: hai lanciato un piccolo grande segnale. Ce l’hai fatta ad essere più discreta di Babbo Natale, che è arrivato carico e stracarico, senza riuscire a rendere felici i bimbi che subito pensano ai prossimi regali. Questa sera (la sera del 6), dopo cena, prima di andare a letto, “canteremo” il Bambino Gesù, poi lo tireremo fuori dalla capanna del presepe, lo baceremo e lo nasconderemo alla vista malvagia di Erode. Non mi domandare perché faccio queste cose, con i miei bambini, mia moglie, altri parenti e bimbi. Non so se perchè “religioso” o “laico”, credente o superstizioso, antico o postmoderno. Non me lo chiedere. L’ho visto fare a mia nonna e a mia madre, l’ho sentito raccontare da mio padre. Lo faccio per fedeltà al mondo degli avi, ma anche perché i bambini (e i giovani e gli anziani) hanno bisogno di cura e di riguardo, debbono essere protetti, seguiti e non possono essere lasciati indifesi.
Nella notte dell’Epifania, un tempo, avvenivano fenomeni straordinari: gli animali parlavano male dei loro padroni, qualora non avessero ricevuto nutrimento a sufficienza e dalle fontane e dai fiumi scorreva miele e latte. Il sogno di un mondo alla rovescia riportava all’età dell’oro, ai miti di Giano e Saturno, al desiderio di cambiamento e di benessere. Oggi (ma forse anche un tempo) è tutto alla “rovescia” , ma non per realizzare un mondo di pace e più giusto, soltanto per fare affari e realizzare arricchimento facile. Rovescia, cara Befana, questo insano rovesciamento. Ti prego, cerca di ridare senso ai sogni e ai desideri. Provo anch’io a chiederti qualcosa. Non so se sono stato bravo, ci ho provato. Mi accontento anche del carbone. Sperando che tu possa trovarlo, perché vorrebbe dire che hai trovato i carbonai e i camini, hai avuto la fortuna di percorrere zone montane ancora popolate e vive. Ti chiedo, appunto, di farti portavoce, con tutti, di un grande patto per fare rivivere la Calabria dell’interno.
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Cara Befana, l’abbandono dei paesi dell’interno, lo spopolamento delle aree montane e collinari, il degrado del paesaggio e degli abitati sono la grande emergenza della nostra regione. A costo di apparire monotono e ripetitivo, non mi stancherò di ripetere anche a te che ogni piano di sviluppo, ogni programma di rinascita, qualsiasi iniziativa di difesa e valorizzazione delle risorse naturali della Calabria debbono partire dalla consapevolezza che non è possibile sguarnire, svuotare i paesi dell’interno. Di tutti i primati negativi che vengono assegnati alla regione, quello dello spopolamento è forse il più inquietante a livello europeo e mediterraneo. Soltanto alcune isole della Grecia e qualche area della Spagna e molte zone dell’Appennino presentano problemi analoghi. Si tratta però di casi sporadici e isolati, da noi è l’intero territorio ad essere coinvolto. Sono molte le cause di questo fenomeno: lontane e vicine, naturali e storiche. Potrei raccontarti a lungo, amata Befana, di spostamenti interni, di emigrazione lungo le coste e all’estero, di terremoti e frane, di alluvioni e isolamento, di disattenzione e di devastazione, di incurie e di responsabilità. Avrai visitato senz’altro, nel tuo errare, i bambini, di paesi come Africo, Roghudi, Nardodipace, Badolato e, più di recente, Cleto e Cavallerizzo, diventati anche metafore di morti annunciate, abbandoni, ricostruzioni occasionali, pratiche di incompiutezze, dispersione della popolazione. Non so se sei d’accordo con me, ma molti fenomeni degenerativi della società calabrese e la stessa criminalità organizzata potrebbero essere frutto ed esito dello spopolamento delle aree interne e del conseguente, irragionevole, freddo, incompiuto, popolamento delle marine. I gruppi dirigenti hanno prosperato sulle catastrofi e la ’ndrangheta è una grande catastrofe sociale che fa da sfondo, accompagna, provoca catastrofi naturali e storiche, abbandoni e ricostruzioni. La discesa lungo le coste, la loro cementificazione, le costruzioni abusive hanno favorito l’emergere di economie assistite, parassite, criminali in un contesto dove la gente non ha avuto più la possibilità di produrre, faticare, creare nuove economie. Lo svuotamento dei paesi, la devastazione del paesaggio, la distruzione delle coste sono avvenuti nel quasi assordante silenzio dei ceti politici nazionali e locali.
Ti sarai accorta, mia Befana, che per decenni la montagna, le campagne, i fiumi, i paesi interni sono stati considerati luoghi da cui fuggire. Soltanto in occasione di eventi catastrofici e drammatici che provocavano morti, spostamenti di abitati, dispersione di famiglie e di comunità, saliva l’attenzione rituale dei governanti, che promettevano, assicuravano e presto dimenticavano.
I pochi studiosi e intellettuali che hanno messo al centro della loro attenzione e della loro riflessione le comunità dell’interno (penso a figure nobili come Sharo Gambino, Domenico Minuto, Franco Tassone, Mariano Meligrana e pochi altri) si sono sentiti spesso tacciare da un’imperante cultura modernista come nostalgici, passatisti, conservatori di scarti e protagonisti di battaglia di retroguardia. Non è bastato.
E’ l’intera regione a non respirare, a non avere fiato, a non avere un’anima. Le conseguenze sociali, antropologiche, morali sono devastanti. Anche le catastrofi che colpiscono periodicamente la regione (si pensi ai recenti disastri di Crotone, di Noverato, di Vibo Marina e Bivona) vanno legate a questo processo di desertificazione delle aree interne, di abbandono dei campi, di cancellazione dei letti delle fiumare, le cui acque alla fine cercano e trovano uno sbocco.
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Che fare, cara Befana? Di fronte a uno scenario che appare abbastanza drammatico e devastante e, nello stesso tempo, ricco di possibilità e di prospettive, quale atteggiamento bisogna assumere? Le responsabilità e i ruoli di ognuno di noi sono diversi, ma vorrei il tuo impegno perchè il problema paesi e aree interne (non separati dai centri urbani e dalle coste) fosse vissuto come un problema comune e condiviso, come un impegno che unisca indipendentemente dalle appartenenze. Tu che porti doni e regali, potresti aiutare a far capire che assunzione di responsabilità significa non abbandonarsi alla sfiducia generalizzata, al pessimismo più cupo, ma anche sapere leggere gli elementi di novità e i segnali positivi che arrivano dalla nostra realtà.
Intenerisci i cuori di quegli adulti, presto invecchiati, che non ricordano di essere stati mai bambini, che pensano sempre che non ci sia mai nulla da fare, quelli che imboccano la via dell’antipolitica e non immaginano la politica come soluzione dei problemi. Mostra loro una Calabria che, nonostante tutto, sta cambiando e invia segnali di speranza.
Anche questo giornale, che rende pubblica questa lettera, ha ospitato molte e qualificate le voci (penso a quelle del giudice Sirianni, dello studioso Minuto, del sindaco di Cleto Amerigo Cuglietta, del consigliere provinciale di Vibo Valentia Antonio De Masi), che hanno indicato in un diverso rapporto con le aree interne e con l’universo dei paesi una priorità della politica. Queste voci riflettono un sentire sempre più diffuso che si va affermando negli stessi paesi. Nei posti in cui mi sono recato a parlare dei miei libri e dei miei scritti, ho avvertito nelle nuove generazioni una nuova consapevolezza, tanta voglia di fare, di innovare. In tanti amministratori sta venendo meno quella tendenza all’isolamento e alla soluzione “particolare” dei problemi. Sono molti i giovani a lasciare il paese: la novità che non vorrebbero più partire. Non manca chi apre cooperative, società, chi scopre risorse locali, chi immagina una diversa politica per la montagna, il paesaggio, la creazione di nuovi legami tra colline, montagne e marine, la valorizzazione di risorse finora ignorate. La globalizzazione offre ai luoghi dell’interno inedite opportunità. Quanti si pongono il problema di rigenerare il paese non è più un nostalgico ritorno al passato, a una tradizione muta e che non parla più. Nascono, infatti, tante esperienze e proposte locali che cercano di ridisegnare una nuova antropologia dei paesi. C’è tanta voglia di riempire di valori e contenuti nuovi quanto ha svuotato sia una tradizione mummificata e retorica sia una modernizzazione distorta e devastante. Vorrei ricordarti, con una buona dose di generosità, che anche dalle istituzioni e dal mondo politico arrivano tenui segnali in controtendenza, che sarebbe erroneo fare cadere e non cogliere come una sorta di opportunità.
Non modifico di una virgola le mie analisi e i miei giudizi sul degrado che i partiti e la politica hanno conosciuto in Calabria, sull’essersi trasformati in gruppi di potere e di interessi piuttosto che in organizzazioni capaci di tutelare il bene comune, e tuttavia penso che quanti hanno a cuore il destino della Calabria debbano aprire dei varchi, alla luce del sole e non nel sottofondo dei trasversalismi, nelle possibilità e nelle occasioni che comunque sono sotto i nostri occhi. La Provincia di Cosenza ha deciso di avviare uno studio organico e mirato sulla situazione dello spopolamento e sulla possibile rivitalizzazione dei centri storici. L’assessorato all’urbanistica della Regione Calabria sta conducendo un lavoro apprezzabile per definire il centro storico e per poter intervenire in forme più adeguate. Il programma della coalizione politica che, con difficoltà e contraddizioni, governa la Regione contiene interessanti proposte per una nuova politica delle aree interne. Adesso quel programma è stato recepito nel nuovo Por. Si tratta di sollecitare, pretendere, favorire coerenze. Chiedere la realizzazione di quanto è scritto sulla carta. Coinvolgere comuni e comunità, imprese e circoli, esperienze locali e saperi, scuole e Università. L’ingresso in giunta di Domenico Cersosimo, esperto di economie locali, ma anche di storie di paesi, di nuovi saperi, va colto come un’occasione. Il PD, nelle sue diverse articolazioni dovrebbe farsi protagonista di una nuova politica per le aree interne, l’occupazione, lo sviluppo, la valorizzazione delle risorse, che passano attraverso l’affermazione della legalità e una convinta scelta di campo morale contro la ’ndrangheta e anche contro ogni tentazione clientelare. Molto c’è da aspettarsi dai partiti della nuova sinistra: l’ambiente, i paesi, le aree interne debbono diventare il loro cavallo di battaglia. Naturalmente su problemi così cruciali, epocali, che decidono il futuro della regione bisognerebbe cercare il consenso della maggioranza dei cittadini e tentare il coinvolgimento di tutte le forze politiche, di tutti i partiti, del sindacato, del mondo del lavoro e delle imprese, delle associazioni e del volontariato.
A tutti è richiesto un atto di generosità. Tutti dovremmo imparare l’arte del dono. I paesi debbono uscire dalle loro chiusure. Le Università debbono presentare progetti e proposte mirati, utili, innovativi. Il mondo delle professioni, dei mestieri, della scuola dovrebbero sentirsi protagonisti di un patto per la rinascita delle zone interne. E’ necessario aprire rapidamente dei tavoli di discussione e di programmazione, affermando un’idea generale della Calabria e del suo futuro. Immagino una sorta di Osservatorio (Regionale) o un Centro permanente di monitoraggio (proposta, ricerca) sulle zone interne, sulla loro situazione, sulle politiche di sviluppo. Analogamente a Centri sorti in Aragona o nel Trentino. I centri interni e la Calabria intera hanno bisogno di politiche adeguate, di passione, di elaborazione paziente e anche di interventi immediati. Abbiamo il diritto di provarci, nonostante tutto, con un atteggiamento problematico, attento, guardingo, critico. Non è detto che ce la faremo, ma almeno avremo tentato. Spesso sono disincantato e amareggiato, a volte scettico e incredulo. Una parte di me crede ancora in Te, cara Befana, sostieni, con la tua fantasia e con la tua magia, questo mio sogno.