Dal Quotidiano dell’8 novembre 2009
San Nicola da Crissa. Durante la festa del SS Rosario un petardo “impazzito” provocò cinque vittime
Una tragedia mai dimenticata
Un monumento per ricordare il mortale episodio avvenuto nel 1959
di GIOVANBATTISTA GALATI
SAN NICOLA DA CRISSA - Era il 10 ottobre 1959, la festa del SS. Rosario volgeva al termine e, come consuetudine, i festeggiamenti con i fuochi pirotecnici si concludevano notte di sabato. Quella sera una tragedia si abbattè sulla piccola comunità di San Nicola. Appena iniziati i fuochi d'artificio, ai quali assistevano migliaia di persone, un grosso petardo anziché esplodere in aria, si schiantava violentemente su un cumulo di pietrisco vicino alla folla. La deflagrazione, resa più violenta dal materiale inerte, provocò cinque morti e circa centoquaranta feriti. Indescrivibili furono i drammatici momenti che seguirono. Oggi, dopo cinquant'anni, quel tragico giorno viene ricordato con un monumento, fatto erigere dall'amministrazione comunale nel punto esatto dove avvenne lo scoppio. Il monumento in pietra ricorda le cinque giovani vite spezzate: Stefano Galati, Tommaso Marchese, Pasquale Martino, Antonietta La Face e Gregorio Costa. La solenne benedizione della lapide dove sono scolpiti i cinque volti delle vittime è stata celebrata dal parroco del paese don Domenico Muscari. Molti dei presenti, ultracinquantenni testimoni di quei tragici momenti, hanno rivissuto nella memoria il dolore e la disperazione di quella infausta notte che ha segnato profondamente tutta la comunità. All'epoca una vera e propria competizione caratterizzava le due maggiori feste del paese, quella organizzata dalla Congrega del SS. Crocifisso che si svolgeva a settembre e quella del SS. Rosario che si concludeva la seconda domenica di ottobre. Il paese era nettamente diviso in due, si faceva a gara per chi organizzava la festa migliore. La competizione si misurava principalmente con la massa di fedeli che partecipavano alle celebrazioni religiose, ma anche dal numero di spettatori che assistevano ai festeggiamenti civili, spettacoli e fuochi d'artificio. Tale era l'attaccamento alle Confraternite che, raccontano i più anziani, in occasione della processione, i più fanatici facevano la conta dei confratelli. Era quindi motivo di orgoglio e di vanto quando una prevaleva sull'altra. Un recente e ricco editoriale a cura dell'antropologo prof. Vito Teti, pubblicato da questo giornale in occasione della ricorrenza del cinquantesimo anniversario della tragedia, descrive la realtà di allora, il contesto sociale, il dualismo atavico che regnava nella comunità e i tragici momenti di quella maledetta notte che sarà ricordata per le cinque vittime e per le centinaia di feriti. Il tragico evento ha segnato profondamente tutta la comunità, tanto che le antiche competizioni, col passare degli anni hanno perso di significato e anche i comportamenti sociali hanno subito profondi mutamenti.
Lo spettacolo del sabato sera era terminato, pochi minuti di pausa per consentire alla marea di folla di spostarsi nei punti migliori per assistere ai fuochi d'artificio, prima di dare inizio allo spettacolo pirotecnico. Quel giorno i fuochi erano stati sistemati vicino al centro abitato e la folla si era concentrata alla fine dell'abitato di Via Roma, praticamente sulla ex strada borbonica. Qualche fuoco iniziale per richiamare la folla, poi lo spettacolo vero e proprio, dopo pochi minuti un grosso petardo, del quale si attendeva lo scoppio in aria, inizia la caduta senza esplodere, attimi di silenzio, qualcuno intuisce il pericolo e si mette a gridare qualcuno inizia a scappare senza capire il perché, d'un tratto un forte scoppio, un boato dalle conseguenze devastanti. Il petardo cadendo a terra era esploso su un cumulo di pietrisco depositato sotto un albero al margine della strada, gremita di gente. La scena che seguì fu terribile, il pietrisco sotto forma di proiettili falciò la folla in tutte le direzioni. Una carneficina.